L'importanza del linguaggio: un viaggio attraverso l'identità e la responsabilità sociale

Wittgenstein, Austin, MacIntyre: il linguaggio è una azione, sta a noi decidere quale.

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Keren Ponzo

5/30/20253 min read

Perché parlare di linguaggio

Parlare di linguaggio significa riflettere su uno degli strumenti più profondi e creativi attraverso cui costruiamo noi stessi e il mondo che abitiamo. Il linguaggio non è solo un mezzo per trasmettere messaggi: è un gesto, una forma di presenza, un modo per stare in relazione. È nelle parole che ci riconosciamo e riconosciamo gli altri.

Ogni riflessione sul linguaggio è anche una riflessione sull’identità, sulle relazioni, sulla qualità degli spazi in cui viviamo. I linguaggi non sono neutri, non sono universali: sono pratiche che nascono in contesti precisi, carichi di storia, emozioni, valori. Ludwig Wittgenstein, nel Tractatus logico-philosophicus, scriveva: “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” (5.6), permettendoci di comprendere come le parole non descrivono soltanto la realtà, ma la rendono possibile, e che cambiarle può significare cambiare prospettiva, aprire nuovi spazi di senso; mentre i suoi “giochi linguistici” hanno permesso di cogliere come come il significato dipenda dall’uso, e da ciò che condividiamo come esseri sociali.

Se il linguaggio è così profondamente intrecciato con il modo in cui viviamo, è chiaro quanto sia importante prendercene cura. Le parole possono unire o separare, includere o ferire, costruire o distruggere. Riflettere sul linguaggio, allora, non riguarda solo la comunicazione, ma tocca domande più radicali: che tipo di relazioni vogliamo costruire? In che mondo vogliamo vivere?

Il linguaggio a scuola e al lavoro: luoghi di trasformazione

Nella scuola, il linguaggio non è solo il veicolo dell’insegnamento. È il modo in cui si dà forma all’ascolto, alla fiducia, al riconoscimento reciproco. Promuovere consapevolezza linguistica in classe significa aiutare bambine e bambini, ragazze e ragazzi, a comprendere il valore delle parole, a usarle con cura, a riconoscere nella lingua un luogo di libertà e rispetto.

Anche nei contesti lavorativi, il linguaggio gioca un ruolo decisivo. Le aziende che coltivano una comunicazione chiara, rispettosa e attenta creano ambienti più collaborativi, relazioni più sane e comunità professionali più coese. Offrire spazi in cui fermarsi a riflettere sul linguaggio — workshop, incontri, momenti di confronto — significa prendersi cura del clima interno e favorire una cultura aziendale più consapevole, capace di gestire le differenze e di valorizzarle.

Parole, azioni e responsabilità

Nella filosofia del linguaggio contemporanea, ci sono autori che hanno mostrato con forza quanto le parole siano atti, azioni. J.L. Austin, ad esempio, ha spiegato che non diciamo solo per descrivere, ma per agire: chiedere scusa, fare una promessa, dare un nome sono atti che cambiano le cose. Ogni parola ha un effetto, e quindi porta con sé una responsabilità.

Alasdair MacIntyre, invece, ha offerto la possibilità di riflettere sul tipo di storia che stiamo raccontando, che stiamo costruendo, con le nostre parole. Perché ogni narrazione, anche quotidiana, dice qualcosa di noi, dei valori in cui crediamo, delle relazioni che vogliamo costruire. Parlare, in fondo, è sempre una scelta etica.

Il cambiamento linguistico come possibilità

Il linguaggio non è fisso: cambia, si adatta, evolve. E questo cambiamento è spesso legato al bisogno di sentirsi parte di qualcosa. Le parole che scegliamo non parlano solo per noi, ma parlano anche di noi. Possono creare inclusione, oppure esclusione.

In contesti dove si comunicano in modo violento o stereotipato, il linguaggio può diventare una barriera. Ma può anche essere trasformato, se si impara a usarlo in modo diverso. Lavorare sulle parole — in classe, nei gruppi, nelle aziende — significa costruire luoghi più abitabili. Dove ognuno si possa sentire visto, ascoltato, accolto.

Promuovere un linguaggio più consapevole, più attento, più giusto non è un vezzo. È un modo concreto per trasformare i contesti in cui viviamo. Per questo conduco laboratori sul linguaggio: perché credo che nelle parole ci sia la possibilità di un cambiamento vero, quotidiano, condiviso.

Perché conduco laboratori sul linguaggio

Negli anni ho capito che il linguaggio non è solo oggetto di studio, ma strumento vivo, quotidiano, trasformativo. La mia formazione filosofica e psicologica, unita all’esperienza nei contesti educativi e professionali, mi ha portata a voler creare spazi in cui le persone possano esplorare il proprio modo di parlare, ascoltare, nominare il mondo.

I laboratori che propongo non offrono ricette, ma occasioni per rallentare, osservare, interrogare le parole che usiamo ogni giorno — a scuola, al lavoro, in famiglia — e scoprire come possono aprire o chiudere, ferire o curare, escludere o accogliere. Credo che il linguaggio sia una forma di responsabilità, e che prendersene cura sia un gesto politico, educativo, profondamente umano.

Se ti interessa portare un laboratorio nella tua scuola, nella tua azienda o in un gruppo con cui lavori, puoi contattarmi. Sarà un piacere ascoltarti e costruire insieme un percorso che parta proprio dalle parole che ci abitano.